"Donna non si nasce, si diventa" (Simone de Beauvoir)

lunedì 29 marzo 2010

L'Unità - L’abbraccio dei girotondi

L’abbraccio dei girotondi
di Daria Colombo
È stato l'ultimo canto del cigno l'entusiasmante manifestazione dei 5000 cittadini di domenica 26 gennaio a Milano, in difesa del diritto alla salute? Oggi che Sergio Cofferati ha responsabilmente palesato la sua preziosa disponibilità a coordinare un raggruppamento rappresentativo a largo raggio, per costruire il programma vincente della coalizione di centro sinistra (noi non ne avevamo mai dubitato), e dopo la altrettanto significativa apertura da parte dei massimi dirigenti dell'Ulivo al medesimo percorso, servirà ancora che la gente comune scenda in piazza per difendere i diritti così fortemente messi in discussione dall'attuale governo? Quello trascorso è stato un anno di diritti offesi ma anche di diritti difesi, che ha superato qualsiasi aspettativa: proprio guardando l'esperienza trascorsa, vale la pena di chiedersi se avrà ancora senso e utilità che i girotondi continuino ad esistere o se è ormai giunto il momento per migliaia di cittadini normalmente «disavvezzi» alla politica di ritornare alle rispettive occupazioni e preoccupazioni, mentre gli organizzatori mettono a frutto le proprie esperienze di capacità e di idee? Ancor prima dell'ormai famoso «Resistere», l'intenzione del gruppuscolo milanese era quella di realizzare, un grande abbraccio di persone a protezione, si badi bene a protezione, di alcuni edifici simbolo della nostra democrazia. Da qui è indispensabile partire per ribadire ancora una volta la natura e lo spirito del movimento dei girotondi che ha offerto l'occasione alla gente comune di far sentire la propria indignazione assolutamente pacifica e la propria preoccupazione sinceramente trasversale di fronte alle spinte antidemocratiche messe in atto dal governo Berlusconi. Indignazione e preoccupazione che partendo da una vasta diversità di opinioni e di simpatie politiche, confluiscono tutte in un unico sentire, basato sui fondamentalmente sui principi della nostra Costituzione. Quel 26 gennaio 2002 toccò al palazzo di giustizia. Il primo principio che abbiamo voluto «abbracciare» è stato quello dell'indipendenza della magistratura, in quanto la legalità, e la legalità costituzionale in primo luogo, è la struttura portante del nostro ordinamento democratico. Da qui, un pò prima, un pò dopo, il fantastico risveglio della società civile: una realtà dalle molteplici sfumature ed espressioni che la sintesi giornalistica ha battezzato «i girotondi». Da allora è stato detto e scritto molto, spesso male, ma oltre ogni forzosa interpretazione, i girotondi restano semplicemente cittadini che vogliono difendere i diritti fondamentali sanciti dalla nostra costituzione ed è per questo ovvio, al di là di tutti gli stupori più o meno artificiosi, che esistano tra noi sensibilità diverse, talvolta anche molto diverse, previste e prevedibili fin dalla nascita. In un movimento che non ha certo la pretesa di occuparsi di politica a 360 gradi, ma che sceglie di limitare il proprio raggio d'azione alla difesa dei diritti, è giusto e ovvio che si riconoscano persone anche assai diverse tra loro. Diverse, ma (non sperino gli oppositori) solidamente unite a difendere principi che ritengono intoccabili come appunto, l'autonomia della magistratura, il pluralismo nell'informazione, un'istruzione che sia una reale opportunità per chiunque, il diritto alla salute, al lavoro, alla pace. L'altro punto da ribadire è che i girotondi non sono l'antipolitica. Non abbiamo mai avuto la pretesa, noi dei movimenti, di essere «i puri», quelli buoni, quelli che non devono «mischiarsi» con la politica con la p maiuscola, «che è una cosa sporca». Noi, anzi, riconosciamo, come ha fatto, assai più autorevolmente, Sergio Cofferati, il ruolo e la fatica di chi è stato delegato a condurre in prima persona la battaglia politica. Non sono loro «i nemici» anche se è innegabile che il movimento sia nato anche per colpa di alcuni ritardi, alcuni errori e di talune divergenze con i nostri rappresentanti politici, a volte anche molto marcate. Oggi però riteniamo che, soprattutto grazie ai girotondi, si sia creato (ricreato?) un atteggiamento irreversibile, e che la società civile, finalmente risvegliata, non permetterà mai più che ciò accada. Non dimentichiamoci che i partiti devono avere un ruolo omnicomprensivo e che hanno il compito e il dovere di esprimere programmi che tocchino tutti i problemi della società, mentre noi siamo «solo» dei cittadini democratici che vivono i problemi reali e che esprimono disagi etici o concreti, secondo gli obbiettivi che il movimento si dà volta per volta. Obbiettivi non meno importanti, anche se circoscritti, che prendono il via dalla preoccupazione per la situazione di emergenza democratica che il paese sta vivendo. Restiamo tuttavia consapevoli che la preoccupazione, pur espressa in maniera importante, è un sentimento che non basta all'agire politico, ma siamo anche convinti che i luoghi e i compiti della politica siano molteplici, diversi, e tutti ugualmente legittimi. Non saranno i girotondi né gli altri movimenti di opinione a decidere come disciplinare il sistema radio-televisivo o a indicare altre soluzioni tecniche che devono restare oggetto della discussione parlamentare e delle azioni legislative, ma sicuramente potranno, se onestamente coinvolti, fornire un contributo fondamentale di idee e di vicinanza alla gente comune. Sappiamo perfettamente che la politica che si fa nei movimenti è altra cosa dalla politica che si fa nei partiti: lo è nell'organizzazione, nel linguaggio, negli strumenti, nelle modalità, ma può coincidere nelle finalità. E il problema non è la scelta del leader o tra riformismo dall'alto o dal basso, né tra realismo o massimalismo, ma è quella di partire dalle esigenze e dalle aspettative dei singoli cittadini e di costruire un progetto comune per battere il governo di centro destra. Noi l'abbiamo già detto in molteplici occasioni: mai più deleghe eterne, saremo vicini e collaborativi con i nostri rappresentanti, ma attenti e critici com'è giusto che siano i cittadini che hanno fatto della partecipazione una scelta etica e civica. Oggi crediamo che sia tempo di lavorare tutti insieme, movimenti e partiti, cittadini e associazioni, nell'Ulivo e oltre, ciascuno nella propria area di riferimento e insieme, forti della convinzione che la sottolineatura delle diversità, anzichè dei convincimenti comuni, ci impedirebbe di essere un'alternativa credibile all'attuale governo. Non dimentichiamoci inoltre anche l'importante compito mediatico del movimento che, di girotondo in girotondo, costringe una stampa talora imbavagliata e una cittadinanza a volte distratta a soppesare la differenza tra democrazia formale e democrazia sostanziale, la prima, quella che é al governo, basata su di un'economia suicida e su interessi privatistici, la seconda, quella in cui ci riconosciamo, che tiene conto dei più deboli. Non forziamo il percorso del movimento con rappresentanze (questo è il vero nodo: chi rappresenta chi?), non miniamone l'autonomia (che non è separatezza), non limitiamoci ad etichette di estremisti o di antiriformisti e non poniamoci programmi se non quello di esserci: probabilmente la risposta l'avremo già data.

6 febbraio 2003
pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 30) nella sezione "Commenti"

Nessun commento:

Posta un commento

Ringrazio tutti coloro che, venendo in questo spazio, vogliono esprimere la loro opinione. Chiunque puo' lasciare un commento su questo blog e sugli articoli in esso pubblicati. Non è necessario registrasri per farlo, ma è cosa gradita identificarsi per garantire uno scambio di idee schietto e leale.