"Donna non si nasce, si diventa" (Simone de Beauvoir)

mercoledì 31 marzo 2010

DSonline.it

6 Aprile 2003
L'intervento di Daria Colombo




Sono stata incerta se accettare o no il vostro invito, io che ho partecipato e vissuto da vicino numerosi appuntamenti della storia di questo partito, nel quale PERSONALMENTE mi riconosco da sempre. Purtuttavia sono consapevole che senza sceglierlo e probabilmente senza meritarlo, mi trovo oggi a rappresentare un movimento che, nato per la difesa dei diritti, va oltre i confini di un singolo partito e direi anche della stessa coalizione. Ma pur nella consapevolezza di essere in una sede di partito, ho scelto di esserci (e vi ringrazio per l’opportunità), per non alimentare le voci, più o meno forzate, di contrapposizione movimenti-partiti, che purtroppo nuovamente vedo apparire sulla stampa e che a mio avviso non solo sono, nella visione dei movimenti, false e tendenziose, ma anche sicuramente, reciprocamente nocive.

Invitandomi qui il segretario Fassino ha dato ancora una volta dimostrazione della sua attenzione al mondo dei movimenti come abbiamo gia avuto modo di apprezzare in passato. Mi auguro fortemente che il medesimo atteggiamento di rispetto e disponibilità appartenga a tutti i membri di questo partito. Per questo ho scelto di esserci, anche se non ritengo il caso in questa sede, di entrare nel merito del programma da voi proposto: non ne avrei nè il titolo nè il mandato. Sono qui per sottolineare ancora una volta la necessità di dialogo al quale i girotondi contribuiranno con considerazioni, suggerimenti e idee in una grande assemblea dove è auspicabile che TUTTE le voci dell’opposizione abbiano la possibilità di esprimersi liberamente e costruttivamente. Noi infatti guardiamo a questo appuntamento come alla prima tappa di un cammino di medio/lungo termine diverso nei metodi, ma comune negli obbiettivi e con la speranza che in questa assemblea allargata, tutte le voci, dentro e fuori dai partiti, possano realmente confrontarsi e trovare convergenza ed espressione in un comune progetto per la coalizione dell’Ulivo che rispecchi VERAMENTE il grande e variegato schieramento del centrisinistra.

Ciò potrà realizzarsi solo partendo dal riconoscimento di tutti che lo sbocco non può essere predeterminato, ma che dovrà emergere da un confronto vero, che le proprie tesi non vanno imposte ma proposte, certamente difese, ma non senza mettere in conto la possibilità di modificarle.
PERSONALMENTE ritengo indispensabile il presupposto che alla fine del percorso, anche lungo, di un confronto paritario , si produca un programma di governo in cui tutti si riconoscano che possa anche dar vita ad un unico soggetto politico. Ritengo che un luogo permanente di confronto e di dialogo, in via di realizzazione, possa essere non solamente un momento di ricerca comune, ma anche uno strumento dell’area antigovernativa e che il dibattito franco tra tutte le anime che in essa si riconoscono, debba esprimere anche una classe dirigente adeguata, e quando dico adeguata intendo in grado di rappresentare e valorizzare tutte le istanze che esistono nell’ulivo e oltre.

Non posso astenermi, infatti, dall’esprimere qui la dolorosa preoccupazione che accomuna noi dei movimenti alla grande maggioranza della base di questo partito, che ci è stata spesso vicino e ci ha aiutato realizzare le nostre manifestazioni. Mi riferisco sicuramente alle divisioni interne alla coalizione, ma anche alla rinnovata radicalizzazione di una lotta interna ai D.S., ai corposi elementi di divisione e di antagonismo e all’identificazione di persone con linee politiche. Non sono certo queste le basi per andare avanti in un partito plurale, che deve saper esprimere i diversi punti di vista senza mai arrivare ad una frantumazione o peggio a una divisione. Concedetemi un invito A TUTTI ad evitare eccessi e polemiche nella convinzione PERSONALE, che lo sforzo unitario di tutti non escluderà un profilo riconoscibile nel partito che è l’asse portante del centrosinistra.

Non ho difficoltà ad ammettere che anche tra noi esistono posizioni di corposa differenza, ma un movimento che si fonda sul terreno circoscritto della difesa dei diritti avrà sempre, comunque un territorio comune, senza l’obbligo (non facile lo riconosco), che invece deve avere un partito, di trovare convergenza fra tutti i punti di vista.

Oggi più che mai è il momento di una seria e articolata riflessione sulla politica in generale, superando le ormai vecchie e improduttive articolazioni fra sinistra riformista e sinistra radicale e anche sinistra sociale.

Dopo l’esperienza del governo di centro sinistra, la vittoria di Berlusconi e il disorientamento iniziale dell’opposizione, è emerso direttamente dalla società civile, un modo diverso di pensare e praticare la politica.

Non è stato e non è solo un fatto occasionale o fisiologico in risposta a ritardi e mancanze o incomprensioni da parte della società politica della maggioranza e anche dell’ opposizione.O meglio, non solo. L’esperienza dell’ultimo anno,in Italia, ha fatto emergere un ceto medio urbano riflessivo e responsabile, che ha messo in campo esigenze, comportamenti, modi e funzioni della politica, NUOVI, non volendo percorrere per sè, gli strumenti , i metodi e le modalità della vecchia militanza e non necessariamente in posizione antagonista, nè massimalista, né antipolitica, né tantomeno concorrente.

E’ importante capire che il compito di questo modo ed esigenza di pensare e di fare politica, non rappresenta pertanto solo una sorta di “giovinezza” della società civile, che fisiologicamente viene superata dalla maturità della società politica.

Questo è un errore di visione che appartiene a mio avviso soprattutto alla cosidetta area riformista, caratterizzata dal realismo e dalla concretezza e che sembra costretta ma non convinta, a tener conto di quanto espresso in maniera così importante dalla società civile. E questo è, (sempre a mio avviso), un preconcetto teorico e un limite politico.
Nella cosidetta area radicale d’altro canto , pur con le stesse finalità di governo, si rischia secondo me, di assumere la cultura dei movimenti come strumento di lotta all’interno dello schieranento di centrosinistra, col rischio di portare gli stessi movimenti su un terreno politico e su finalità che non gli sono proprie, che snaturerebbero alla lunga la loro essenza e la loro naturale funzione, e che alla fine nuocerebbe ad entrambi.

PER QUESTO è necessario dunque privilegiare un confronto vero e articolato tra tutte le formazioni, sui complessi temi che identificano il vario mondo del centro sinistra, sia quelli presenti nella società civile che nella società politica, che faccia emergere un’ identità culturale e politica per un programma comune di governo, che possa interessare elettoralmente la più ampia articolazione della società italiana in tutte le sue istanze, (economiche, politiche, culturali e religiose).

Questo, a mio avviso, il compito da mettere in agenda da subito, senza questo, credo che il resto risulti inutile , vecchio , dispersivo e perdente.

Concludo ribadendo che la mia scelta di non entrare in merito al programma non è dovuta nè a reticenza nè a insufficenza, ma politicamente rimandata alla prima tappa di quel cammino comune per il quale lo sforzo, da parte di questo partito e del suo segretario è (e questo si, mi sento tranquillamente di attestarlo), apprezzato CERTAMENTE dalla grandissima maggioranza degli appartenenti al movimento che in qualche modo rappresento.

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