"Donna non si nasce, si diventa" (Simone de Beauvoir)

lunedì 29 marzo 2010

L'Unità - Le banane di Pera

Le banane di Pera
di Emilia Cestelli Delle Daria Colombo Marina Minicuci
Il confronto sia educato, ha detto, e non trascenda. Per questo tendiamo una mano al nostro Presidente e gli facciamo un regalo, riservandoci di giudicarlo in base all'uso che ne farà. Sarà un omaggio collettivo, a cui ognuno potrà partecipare. Di che cosa si tratta? Abbiamo deciso di aprire una sottoscrizione pubblica, un centesimo per ciascuno, per comprare un albero di banane. Il presidente Pera sa certo il valore simbolico che hanno sempre avuto il taglio del nastro o la posa della prima pietra. Quest' ultima soprattutto può avere un valore storico indiscutibile. Si pensi alla prima pietra di una grande opera, di una città o di uno stato. Ebbene, il nostro banano è potenzialmente la prima pietra di una nuova repubblica, la mitica (e in Europa ancora irrealizzata) Repubblica delle Banane. Il nostro Presidente decida cosa farne. E noi lo giudicheremo senza pregiudizi -oddio, qualcuno ne avremmo, ma è reversibile-, valutando esclusivamente i suoi comportamenti. Diciamo la verità. Gli elementi che sembrano promettere una felice ambientazione al nostro banano ci sono purtroppo tutti. E' veramente carina, quasi charlichapliniana, l'idea che chi organizza una libera e pacifica manifestazione di dissenso abbia in sé il germe del totalitarismo. Che vorrà mai dire? Che noi cittadini siamo totalitari se pensiamo che una legge fatta su misura del capo del governo e dei suoi più stretti amici sia un insulto alla giustizia, alla decenza e alla Costituzione? Totalitari noi e non chi vuole mettere sotto controllo, processo per processo, la magistratura? Oppure: vorrà dire che noi cittadini siamo totalitari se protestiamo contro la trasformazione della cariche istituzionali in impieghi privati al servizio degli imputati più potenti del paese? Ci dite per favore, a questo punto, se siamo noi che dobbiamo essere richiamati al rispetto delle istituzioni? O ancora, visto che siamo curiose e aperte a ogni ipotesi: vorrà dire che siamo totalitari per il solo fatto di manifestare le nostre idee, e dunque che la democrazia per i filosofi della scienza si deve ridurre all'atto di votare una volta ogni cinque anni e poi starsene rigorosamente zitti e muti e immobili tra un'elezione e l'altra? E il Presidente del Senato non si sente un po' imbarazzato quando pretende di toglierci (almeno attraverso il suo giudizio morale e politico) la possibilità di manifestare, visto che chi governa ha già il pieno controllo delle televisioni? Dunque per noi, democraticamente ed educatamente, niente televisioni e, in più, niente piazze e niente manifestazioni? Di qua ci siamo noi, piccole formiche con i nostri cellulari e i nostri tamtam. Di là c'è un gigante con la sua immensa potenza di informazione, giorno per giorno, ora per ora. Fa dunque davvero tanta paura la verità da trasformare le formiche in un pericolo? Ma in quale paese sarebbe possibile predicare questa 'democrazia' se non, appunto, nella Repubblica delle Banane? Per questo il 14 settembre, a Roma, in piazza del Popolo, alla manifestazione per la giustizia di cui siamo tra i promotori con le nostre associazioni, noi arriveremo con la nostra pianta in omaggio. E la faremo recapitare, o la recapiteremo noi stesse, al Presidente del Senato. Decida lui che cosa farne, idealmente si intende. Se accoglierla come segno di una preoccupazione sincera, di una critica fondata e civile: la nostra. E come spunto per una sua civile autocritica, che sarebbe segno di equilibrio e di forza. Oppure se respingerla nella convinzione che tra fine luglio e inizio agosto ha fatto bene a calpestare Costituzione e regolamento al Senato. Che ha fatto bene a obbedire per filo e per segno alle richieste e ai tempi processuali dei due grandi imputati. Che, con il panorama umano e politico che ha davanti, fa bene a condannare senza sosta solo e unicamente le cittadine e i cittadini che manifestano il loro dissenso. Che la seconda carica dello Stato ha il diritto di fare lotta politica e lanciare scomuniche sulla minoranza parlamentare e civile che esercita i suoi diritti costituzionali. Insomma, che è giusto vivere nella Repubblica delle Banane. In quel caso la nostra pianta sarà la prima pietra del nuovo stato.

21 agosto 2002
pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 30) nella sezione "Commenti"

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